

Il Vin Santo del Chianti si ottiene dalla pigiatura delle uve bianche – prevalentemente Trebbiano e Malvasia – i cui grappoli sono stati posti ad appassire per almeno due mesi in locali ben areati, comunemente chiamati «vinsantaie», durante i quali si ha una concentrazione del contenuto zuccherino che porterà a una gradazione alcolica potenziale di almeno 15 gradi. Dalla pigiatura di queste uve appassite si ottiene circa il 50-55% di mosto che viene messo a fermentare – con l’aggiunta della «madre» tolta dai vecchi caratelli – in fusti di piccole dimensioni da 50 a 200 litri. Lì rimane per almeno 3 anni, durante i quali si lascia che avvenga la fermentazione alcolica senza alcun controllo nè intervento esterno.
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Si abbina perfettamente con biscotti, pasticceria secca e torte. Il suo match perfetto però sono i cantuccini alla mardorla, i quali possono essere inzuppati nel vino per ammorbidirli e accentuarne il sapore. Servire fresco ma non ghiacciato, temperatura ideale 10-12°C.
Quando si decide di tirare fuori il Vin Santo dai caratelli occorre assaggiare ogni recipiente perché si potrebbero riscontrare anche notevoli differenze – gradazione alcolica, zuccheri residui, acidità volatile e bouquet – tra un caratello e l’altro. Occorrerà scartare poi quelli difettosi.